di Franca Gallo.
Il 23 gennaio, gli alunni della classe 5^ commerciale- servizi turistici- del nostro Istituto hanno effettuato una visita guidata presso il Deposito dei beni culturali di Santo Chiodo di Spoleto, accompagnati dalle professoresse Fiori e Gallo. La visita si inserisce nell’ambito del percorso interdisciplinare di cittadinanza e Costituzione “Educare alla bellezza”.
Il Deposito, ci ha spiegato il Dott. Giovanni Luca Delogu- funzionario della Soprintendenza dei beni culturali e paesaggistici – è stato creato, dopo il terremoto del 1997, grazie ad un accordo tra Stato, Regione e Comune di Spoleto. Si è trattato di una scelta progettuale lungimirante, che ha dato vita ad una struttura unica al mondo, grazie all’esistenza della quale è stato possibile in Umbria avviare il recupero delle opere a partire dalla settimana successiva al sisma nel 2016, a differenza delle altre Regioni in cui soltanto dopo tre mesi sono stati individuati i primi siti di stoccaggio delle opere.
Il Deposito è stato definito dalla stampa “l’ospedale delle opere dove si ricovera il patrimonio ferito dal sisma”. Nei 500 mq della struttura sono ospitate opere pittoriche, frammenti architettonici e sculture di pregio, insieme a oggettistica sacra, paramenti, tessuti e moltissimi oggetti di arti cosiddette minori, tutte “ferite” in modo più o meno grave. Ma è quando si arriva nella sala del restauro, che la percezione di essere in un ospedale diventa ancora più forte e tangibile. Si tratta di un ambiente molto spazioso in cui si muovono professionisti in camice bianco, che operano con l’attenzione e la cura dei chirurghi, usando anche strumenti come bisturi, siringhe ed altre attrezzature tipiche di una sala operatoria. Questo laboratorio, organizzato dall’Istituto Centrale di restauro, come ci spiega la dott.ssa Emanuela D’Abbraccio, è una sorta di Pronto soccorso nel quale viene effettuato il lavoro preparatorio per mettere in sicurezza l’opera ed evitarne il degrado, prima del restauro vero e proprio.
Nei primi momenti della visita, che si è snodata partendo da una sala piena di frammenti di strutture architettoniche, tra le studentesse presenti si avvertiva un senso di spaesamento, per la sensazione diffusa di avere davanti a sé “solo pietre”. Subito dopo però l’atmosfera si è andata “riscaldando”, l’interesse è andato crescendo progressivamente insieme allo stupore e alle emozioni che venivano suscitate da quanto si vedeva davanti a sé e da quanto si poteva immaginare dal racconto delle guide che si sono alternate per accompagnarci nel percorso. Tutte guide d’eccezione. Oltre ad aver incontrato il Dott. Delogu e la dott.ssa D’abbraccio, il gruppo è stato guidato dal dott. Nicola Bruni, archeologo e restauratore e dalla storica dell’arte dott.ssa Elisa Marchionne, che lo hanno accompagnato durante tutto il percorso. Le studentesse hanno avuto anche l’occasione di incontrare brevemente l’ing. Stefano Potestà, docente di ingegneria civile, chimica e ambientale presso l’Università di Genova, impegnato nel delicato lavoro di recupero della Torre civica di Norcia e della Chiesa di San Salvatore in Campi.
La visita al Deposito è stata per le studentesse e le insegnati una passeggiata nella conoscenza dell’arte umbra a forte impatto emozionale, durante la quale hanno cominciato a prendere forma, dal racconto sapiente e appassionato delle guide che si sono alternate durante il percorso, le stratificazioni secolari di vita e cultura delle popolazioni della Valnerina, legate da un forte vincolo affettivo alle opere che il terremoto ha violentemente e improvvisamente sottratto alla loro comunità.
Sono opere, anche quelle minori, che appartengono all’affettività e al sacro delle comunità; per questo, quando è possibile, ci ha spiegato la storica dell’arte Elena Marchionne, vengono riportate nei luoghi d’origine per restituirle al tradizionale uso devozionale, come ad esempio l’impiego delle statue di santi in processione. Particolarmente coinvolta dal punto di vista affettivo, la dott.ssa D’Abbraccio, originaria di Norcia, ci ha raccontato la storia di un dipinto su tela della Madonna Addolorata, recuperata il 29 ottobre del 2016, il giorno precedente la forte scossa che ha colpito quei territori. Il dipinto è tornato a Norcia, ospitato nell’unica struttura prefabbricata attualmente adibita a chiesa.
Le due ore della visita sono volate, lasciando in tutti noi la sensazione di avere appena avviato un percorso tanto ricco e interessante da suscitare il desiderio di proseguirlo al più presto. Molti sono gli eventi, le visite anche tematiche che vengono organizzate e di cui sicuramente cercheremo le informazioni, come ci è stato suggerito, sul sito della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria.