Cous cous italiano

di Paolo Ciri.

“Cous cous”. Il nome è onomatopeico, dal suono dei bracciali che si sfregano tra loro quando le donne impastano. Il cibo è sano. Farina e acqua. Versatile, in quanto può abbinarsi a qualunque tipo di condimento, alla carne, al pesce, persino al dolce. E’ economico. Sostenibile: richede una quantità di acqua dieci volte inferiore alla pasta, per essere preparato, e una minima quantità di energia.

Viene da pensare che sia un prodotto magrebino. Invece, oggigiorno, si è sganciato dalla origine etnica ed è divenuto un prodotto transanazionale e transculturale. Lo fanno ad Argenta, Ferrara.

A parlarcene, in appositi incontri coi nostri “promessi cuochi”, è stata la Dottoressa Sara Bottoni, della “Bia”, azienda monoprodotto, specializzata, colosso mondiale che produce 24 milioni di confezioni l’anno, impiegando una forza lavoro in crescita, giunta a 77 unità in 5 stabilimenti, e fattura, con marchio proprio o con etichetta altrui, 27 milioni. Insieme a lei Cesare Cesarini, dell’ufficio commerciale.

Il cous cous si fa con la farina. Di grano, 100% italiano. Ed anche di farro, lenticchia, riso, mais, ceci, girasole, quinoa. Si può comprare biologico, aromatizzato (ad esempio alla curcuma, al cumino o al pomodoro), e perfino nella “couscup”, pronto da mangiare.

Grazie alla iniziativa del Prof. Claudio Cesarò la fantasia dei nostri ragazzi può ora sprigionarsi grazie ad un prodotto “nuovo”, che è però già entrato nell’alta cucina, utilizzato dalle grandi firme mondiali.

Maggiori info su: www.biacouscous.it

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