Joe Petrosino: storia di un onesto

di Paolo Ciri

Diceva Joe Petrosino (si poteva comprare un libro su di lui, al convegno, l’ho fatto, ho trovato queste parole): “‘c’è un solo modo per combattere la “Mano Nera” ( la mafia, n.d.r.): è quello di eliminare l’ignoranza, rendendo le persone consapevoli.”
Già questa frase, che ha più di cento anni, ed è però modernissima, ci dà il senso dell’incontro con gli studenti spoletini, che abbiamo ospitato sabato 18 aprile nella nostra Aula Magna. Incontro tenuto da Francesco Merloni (Ordinario di Diritto Amministrativo presso la Università di Perugia e componente della Autorità nazionale Anticorruzione), da Filippo Maria Troiani (vicepresidente di Cittá Nuova, associazione organizzatrice), e da Nino Petrosino (Pronipote di Joe), con un intervento nel finale della rappresentate della associazione “Libera” Spoleto.

Prima di raccontare cosa abbiamo fatto sabato mattina devo dire di Giuseppe “Joe” Petrosino.
Nato nel 1860 a Padula, Salerno, un paio di mesi dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, emigrò negli Stati Uniti a 13 anni, con la famiglia (era figli di un sarto). Nel frattempo l’Italia s’era unita.
Iniziò a lavorare come lustrascarpe (si, una volta c’era chi campava pulendo le scarpe dei ricchi). Mentre inginocchiato lucidava, sentiva molte chiacchiere dei mafiosi italiani: lui ne capiva il linguaggio. Decise di opporsi ai delinquenti, di fare la sua parte. Andò dalla Polizia e riferì quanto aveva appreso. Più di una volta. Per premio gli diedero un posto di spazzino.
Accadde poi che al bar venne a sapere della organizzazione di un attentato contro il Capo della Polizia. Fece in modo di trovarsi sul posto e difese il Comandante facendo fallire i piani dei criminali. Venne di conseguenza assunto nel Corpo di Polizia. Il resto lo troverete facilmente con una ricerca su Google o Yahoo. Vi dico solo che meritò una carriera straordinaria, specie per un emigrante: divenne lui stesso Capo della Polizia di New York.
Venne assassinato del 1909, a 49 anni, a Palermo, ove era andato per condurre le sue inchieste. Su di lui sono stati girati sei film ed una fiction. Venne ricevuto dal Presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosvelt, dal Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, salvò la vita al mitico tenore Enrico Caruso, eseguiva 900 arresti all’anno (!) di media. Visse poco a lungo, insomma, ma ha lasciato una traccia nella storia. Anche inventando nuovi metodi investigativi, ancora oggi in uso.

Bene. Noi abbiamo visto alcuni brani dello sceneggiato sulla vita di Giuseppe Petrosino, in bianco e nero, con Adolfo Celi, molto significativi. Nino Petrosino ci ha raccontato, accoratamente, di “Zio Joe”.

Il Prof. Francesco Merloni, impegnato, come detto, anche nella attivitá anti corruzione, ha chiaramente e coraggiosamente parlato dei legami stretti tra la Mafia siciliana e gli attivisti per l’unità d”Italia, poi perfino col fascismo e con alcune parti della Democrazia Cristiana, nel dopoguerra. Ma avverte anche una “risposta di popolo”, che oggi rende le forze di polizia non più sole, come solo era Petrosino, e rende impossibili accordi connivenza delle forze politiche.
Poi ha spiegato come la dilagante corruzione sia più pericolosa delle attività mafiose stesse, perché è pervasiva, è un fenomeno diffuso, molto difficile da combattere, se si prescinde, come accade, dai valori etici.
Inoltre, ovviamente, la criminalità organizzata sfrutta i meccanismi della corruzione, per cui realizza una diabolica sinergia.
Il messaggio centrale del Prof. Merloni, perfettamente trasmessoci, è che la mafia, la corruzione, la criminalità non possono essere combattute soltanto dagli eroi, dai poliziotti, dai carabinieri, dai giudici. Noi tutti,come sistema, dobbiamo prevenire corruzione e malaffare, ciascuno nel suo piccolo, già dai piccoli fatti, prima di arrivare a quelli grandi. Perché Forse dell’Ordine e Magistrati possono arrivare dopo, usando il danno è fatto, è soltanto su pochi avvenimenti. Non dobbiamo tollerare, dunque, nemmeno piccoli fatti illeciti. Per troppo tempo lo abbiamo fatto.
In rappresentanza della associazione “Libera” Elisabetta Proietti, ha invitato ad essere aperti, informati, critici è però anche fiduciosi nelle persone e nelle relazioni, perché le mafie ci vogliono deboli, dipendenti e fuori di testa. Ma noi non dobbiamo esserlo !

Alla fine cosa abbiamo capito sabato mattina ? Che da fuorilegge si campa male. Che ciascuno di noi non può essere un eroe alla Petrosino, ma può fare una piccola parte:
“Se fossimo una sola voce erigeremmo un muro e saremmo noi a vincere”. Joe Petrosino.

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