La classe… capovolta

di Paolo Ciri

Non prendetemi per saputello presuntuoso. Della classe capovolta scrivo qui perché frequentemente me ne hanno chiesto i colleghi (che onore per me, novellino, chiamare “colleghi” i professori !).

 

Uso questo metodo, nelle mie lezioni. Quasi un anno fa ne sono venuto a conoscenza tramite una circolare del MIUR che annunciava un corso on line del Politecnico di Milano, invitandoci a partecipare. L’ho fatto. Ho superato i test finali e conseguito il diplomino. Poi ho fatto delle ricerche ed ho scoperto che esiste addirittura una associazione nazionale con lo scopo di diffonderne la conoscenza: la Flipnet (www.flipnet.it). Mi sono iscritto (10 euro l’anno) ed ho partecipato al convengo del 8 febbraio scorso, a Roma, ed ancora a quello di pochi giorni fa, del 7 ottobre, sempre a Roma.

Seguo anche i loro webinar (web seminar), che hanno cadenza quasi mensile, ed ho studiato  libri di Maurizio Maglioni e Fabio Biscaro, di Eraldo Affinati, Mauro Doglio, Piercesare Rivoltella, Stefano Rossi, Marshall Rosenberg. Essi non riguardano solo la Flipped Classroom, ma anche tecniche ad essa strumentali, come l’apprendimento cooperativo (niente a che vedere col “lavoro di gruppo”) e la comunicazione empatica.

 

Tutta questa premessa per dire che il mio approccio, per quanto ancora sperimentale, si sforza di basarsi su teorie serie, ormai anche collaudate, visto che sono nate nel 1991 ad Harward, per impulso del Professor Eric Mazur. Un fisico olandese. E questo già ci dice che la “flipped” non è riservate alle materie umanistiche ma anzi funziona meglio con quelle scientifiche e linguistiche.

 

Ma cos’è stà “flipped” ? Nella estrema sintesi che qui si richiede, con questa didattica non si “spiega”. Niente lunghe spiegazioni intervallate dai richiami a spegnere il cellulare. Si assegnano invece dei paragrafi, non molto lunghi, massimo 5 pagine (che, tolte le foto e le mappe, si riducono a due e mezzo / tre). I ragazzi studiano, a casa, un libro scritto in un italiano del loro livello e, in teoria, già imparano. Se proprio qualche concetto è ostico hanno il diritto, anzi il dovere, di chiedere una spiegazione specifica. Il che è già lavoro di approfondimento in classe.

Preventivamente li si fornisce anche di ausili come filmati (brevi, massimo 5 minuti), link, schede, mappe, mettendoli su piattaforma web. Nel nostro casa il registro elettronico Casseviva, sezione “didattica”. Non si assegnano i compiti scritti.

In teoria i ragazzi arrivano a lezione che già conoscono l’argomento. L’ora a scuola si usa per…… fare i compiti a casa. Esercitazioni svolte alla presenza dell’insegnante che interloquisce con i ragazzi mentre lavorano, usando una varietà di tecniche da scegliere appropriatamente.

La valutazione non avviene per interrogazioni, tantomeno programmate, bensì in continuo. 

Mi fermo qui. Per eventuali approfondimenti raccomando il sito flipnet.it (è una onlus), e, umilmente, in subordine, mi metto a disposizione: per@paolociri.it.

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