La democrazia vive del ruolo attivo dei cittadini: alcuni esempi per responsabilizzare i giovani

di Franca Gallo.

Dal 9 al 14 aprile il percorso che “LIBERA IDEE” ha sviluppato quest’anno in Umbria si è snodato in sette incontri tematici sul territorio, a Perugia, Terni, Norcia, Assisi, Cannara.

La conclusione del percorso è stata affidata al presidente di Libera don Luigi Ciotti, forse la personalità italiana che più si sta spendendo da decenni per la difesa dei diritti e per la lotta contro le mafie e contro ogni forma di sopruso e illegalità.

A Perugia il 14 Aprile don Ciotti ha affrontato il tema “Antimafia sociale: Libera al servizio del territorio”.

Il giorno dopo, il 15 Aprile, presso l’Aula Magna del nostro Istituto gli studenti delle classi quinte hanno incontrato Gaspare Sturzo e un gruppo di ricercatori che, partendo dall’appello ai “liberi e forti” di don Luigi Sturzo di 100 anni fa, hanno fatto emergere l’attualità del pensiero del sacerdote e studioso di Caltagirone, che tanto ha contribuito alla nascita dei nostri valori democratici.

Ed è proprio da una citazione di don Sturzo, che don Luigi Ciotti è partito per analizzare lo stato della realtà odierna, ricordando quello che egli disse già nel 1900: “la mafia ha i piedi in Sicilia ma forse la testa a Roma”, aggiungendo quella che don Ciotti ha definito una drammatica profezia: “risalirà sempre più forte e crudele verso Nord fino ad andare oltre le Alpi”.

La realtà che la cronaca ci consegna ha superato, purtroppo, la già drammatica previsione di Don Sturzo. Come ci è stato spiegato dai relatori del convegno del 21 febbraio presso il nostro Istituto -“Cultura della legalità e contrasto dei fenomeni mafiosi”- ed efficacemente ribadito da don Ciotti, le mafie ormai non sono più un fenomeno locale o nazionale ma operano massicciamente su scala globale.

Il crimine organizzato non ha confini, fa affari ovunque; oltre al mercato degli stupefacenti e delle armi, si infiltra in tutti i settori dell’economia ed è capace di introdursi nella finanza, di usare le più moderne e sofisticate tecnologie per i suoi traffici. I mafiosi italiani restano nei loro territori ma vanno a fare affari altrove, hanno costruito alleanze, relazioni, forme organizzative nuove e flessibili.

Proprio per questo la risposta e il contrasto delle mafie non possono restare confinati all’interno dei singoli Stati, ma è necessario, afferma don Ciotti, rafforzare la cooperazione tra istituzioni, associazioni, società civile.

Questa convinzione lo ha portato il 3 aprile di quest’anno a Bruxelles, al Parlamento europeo, per presentare una “agenda politica”, promossa proprio da Libera su scala continentale, il cui titolo è appunto “Chance”: Civil Hub Against orgaNised Crime in Europe.

Partendo dalla stima fatta dai ricercatori europei, secondo la quale il giro d’affari del mercato illegale in Europa è di 110 miliardi di euro l’anno (1% del Prodotto interno lordo dell’Unione) e che soltanto l’1% dei prodotti illeciti viene confiscato, con l’agenda politica “Chance” Libera ha presentato una serie di proposte alle istituzioni europee. Prima tra tutte una definizione legislativa di “criminalità organizzata”; il  rilancio di una collaborazione diretta tra la società civile e le istituzioni europee; la confisca dei beni criminali; il rafforzamento della protezione delle vittime; la promozione di una iniziativa legislativa nell’Ue in materia di protezione dei testimoni;  il potenziamento della lotta al riciclaggio, una strategia “più incisiva” contro il traffico di droga, la cooperazione “più efficiente” nella lotta al traffico di esseri umani, il contrasto al crimine contro l’ambiente; la lotta al commercio di armi.

E in questo don Ciotti mette a frutto mirabilmente una delle più potenti intuizioni e un grande insegnamento di don Luigi Sturzo. L’appello del 1919 infatti non era rivolto solo agli italiani, ma a tutti gli uomini “liberi e forti”. Non solo, ma don Sturzo già indicava i “corpi intermedi” quali importanti soggetti morali, capaci di creare stati particolari di coscienza critica e di essere luogo di sperimentazione e di crescita di una speciale solidarietà.  In questo don Ciotti, e non solo lui, si muove in linea con l’insegnamento di don Sturzo, ma soprattutto nell’alveo della Costituzione.

“Libera”, di cui don Ciotti è fondatore e presidente, è proprio una rete di associazioni. Uno di quei corpi intermedi che per fortuna in Italia (e anche in Europa, come abbiamo visto) collaborano con le Istituzioni, a volte anticipandone l’azione a volte svolgendo un ruolo di supplenza. E’, insieme a tante altre associazioni, una di quelle importanti “formazioni sociali” (denominazione utilizzata dall’art. 2 della Costituzione) impegnate a tutelare i diritti di tutti creando una rete e una educazione alla solidarietà.

Ed è proprio partendo da  un’altra citazione di don Sturzo  del 1957 che il nostro Don Luigi, il 14 Aprile a Perugia, ci ha offerto un secondo importante spunto di riflessione e di analisi: La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà”.

Da qui don Ciotti prende spunto per ricordare ciò che non si stancherà mai di ripetere: è necessario far vivere la nostra Costituzione attraverso l’insegnamento scolastico, perché legalità può essere una parola vuota o una bandiera solo di facciata se non è accompagnata dal senso di responsabilità che solo può portare alla legalità costituzionale, alla giustizia sociale che riconosce e restituisce dignità a ogni persona.

E’ la persona, infatti, la dignità di tutti e di ciascuno al centro del nostro sistema costituzionale, come al centro del pensiero civile e politico di don Sturzo prima e di don Ciotti ora.

La preoccupazione di don Ciotti fa perno sul rapporto Censis del 2018 dal quale emerge un’Italia disgregata, impaurita, impoverita. E le mafie sono forti proprio perché si approfittano della fragilità delle persone, dei servizi, dei diritti. Le mafie sono forti in una società fragile, disuguale e culturalmente depressa, che vive la precarietà dei diritti. Tutto questo stato di cose aumenta il rischio che la Costituzione cada “dal cuore del popolo”.

Per questo è urgente e necessaria non una legalità astratta ma che si concretizzi in giustizia sociale, come ricordava anche il dott. Roberti – ex Procuratore Nazionale Antimafia- il 21 febbraio presso il nostro Istituto “De Carolis”.

Fondamentale il ruolo della scuola, come già evidenziato dal titolo dell’intervento del generale della DIA Governale “La mafia teme più la scuola o la giustizia?”.

Purtroppo l’Italia è il fanalino di coda in Europa per quanto riguarda gli investimenti nell’istruzione, la formazione, la conoscenza.

E’ compito e responsabilità delle Istituzioni (tutte le istituzioni, dalla politica alla magistratura alle forze dell’ordine e quant’altro) realizzare la giustizia sociale che l’art. 3 della Costituzione indica come via maestra nel principio di uguaglianza sostanziale, l’uguaglianza nei diritti. Quei diritti che lo Stato deve riconoscere a tutti e a ciascuna persona, soprattutto ai più deboli e bisognosi.

La centralità della persona, così ben evidenziata da don Sturzo, deve essere nell’operato di chi governa. L’art. 2 della Costituzione afferma infatti che lo Stato deve “riconoscere” e “garantirei diritti della persona, anche nelle formazioni sociali.

Ma è richiesto al cittadino l’adempimento dei doveri “di solidarietà politica, economica e sociale.” Da ciò si evince che la tutela dei diritti è si responsabilità delle istituzioni, ma è anche responsabilità della persona. Conoscere i diritti e praticare i doveri ci porta ad essere cittadini responsabili, consentendoci nel contempo di tutelare i nostri diritti, quelli degli altri, e di richiamare lo Stato e le altre istituzioni alle loro responsabilità.

Nessuno può chiamarsi fuori. Spesso tra lecito e illecito i confini sono mobili, opachi. Come ha ben ricordato don Ciotti, spesso ci muoviamo in uno spazio relazionale tra zona legale e zona illegale, la cosiddetta zona grigia. La zona grigia è costituita da quegli atteggiamenti che non sempre sono penalmente perseguibili, che sono percepiti come “normali”: favoritismi, piccoli soprusi, piccole furberie o pigrizie. Sono situazioni in cui coltiviamo il nostro interesse e ci sembra di non fare niente di male, ma costituiscono già punti di debolezza e di rottura di un tessuto sociale democratico.

Dobbiamo ricordare che uno stato democratico, come ha ben evidenziato il 14 aprile la ricercatrice Sabrina Garofalo, non necessariamente porta a una società democratica. La democrazia è una casa comune, dove ciascuno ha il diritto di abitare ma anche il dovere di tenere “pulita” la propria stanza, senza sporcare gli spazi comuni.

La democrazia, per quanto imperfetta, vive del ruolo attivo dei cittadini, più incisivo se giocato in gruppi sociali.

 

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