di Paolo Ciri
Se uno studente ti offre di partecipare ad un corso di cucina, con l’iscrizione devoluta in beneficenza, tra curiosità e altruismo, come fai a rifiutare ? Ci sono andato.
Ho scelto di fare la pizza.
Sono un supplente: caso mai non raggiungessi mai il ruolo vado a vendere pizza in Jamaica !
Mi hanno assegnato Albano, come docente. Ha un gestualità precisa e professionale. E anche gli altri. Devono avere bravissimi professori, ho pensato, se già in quarto sono così bravi.
Più tardi ciò che, per interposte braccia, hanno saputo produrre, confermerà questa deduzione.
Passiamo un paio d’ore a preparare. Apprendo tecniche che ritenevo inarrivabili per me, pasticcione di natura. Affettare scalogno e patate senza tagliarsi. Saltare in padella senza tirarsi addosso le zucchine. Stendere una teglia intera con le mani solamente.
Al termine delle fatiche (si, molta fatica stare in cucina, più dell’immaginabile) il meritato assaggio.
Stupende le barchette coi funghi trifolati e quelle con le zucchine. Come componente della improvvisata giuria ho votate per le prime, ma con uno scarto minimo.
Strepitosa la pasticceria, con una crema che mai ho sentito in vita mia. Sia nei bignè che nei … boh!? plum cake ? ripieni che erano anche tanto belli da vedere.
Mediocre la mia pizza: la perizia di Albano nulla ha potuto contro i miei limiti fisiologici.
I ravioloni di gamberi li portiamo a casa, che già troppo avevamo mangiato. Il mio giudizio su di essi è: superlativi ! E collima con quello di mia moglie, ottima cuoca.
Ragazzi: avete dato un grande esempio di generosità, dedizione, passione per il vostro futuro lavoro e capacità. Bravi!