L’Ipssart “G. De Carolis” partecipa, con le classi V, al laboratorio di storia a Colfiorito, promosso e condotto dall’Isuc di Perugia. Cosa nasconde Colfiorito? Ecco la descrizione di una giornata di studio.
di Silvia Natali
L’ esperienza del laboratorio a Colfiorito aiuta a capire come si fa una ricerca storica.
A Colfiorito, tra dall’anno 1939 al 1944 vi era un campo di internamento per prigionieri contrari al fascismo e durante il laboratorio, con l’aiuto dei capogruppo, abbiamo ricostruito le fasi e il modo del funzionamento.
Appena arrivati, ci hanno fatto sedere in una stanza dove il professor Nardelli ci ha raccontato la storia di questo campo: la struttura era stata costruita nella seconda metà dell’Ottocento (1887) come luogo di addestramento per truppe militari. Gli edifici erano utilizzati come stalle. Nel 1939, il campo venne utilizzato per la prima volta come campo di internamento per i prigionieri albanesi che non avevano accettato la dominazione italiana. Nel 1940, vi furono rinchiusi i dissidenti antifascisti, poi, nel 1942, ai prigionieri fu fatto ampliare il campo.
Dal 1943 fino ad aprile 1944, vi sono stati portati i prigionieri montenegrini.
A questo proposito il professore ci ha fatto vedere il video con l’intervista di un ex-prigioniero del Montenegro, Dragtin Drago Ivanović. In questo modo abbiamo visto il valore della testimonianza diretta.
Dopo la breve lezione, siamo andati direttamente sui luoghi della storia: divisi in gruppi, ogni gruppo ha seguito la propria guida, tutti giovani ricercatori, che ci hanno mostrato come si fa una ricerca storiografica.
Ci siamo recati all’esterno, ci siamo seduti sull’erba: guardandoci intorno, leggendo i documenti e riflettendo, abbiamo risposto alle domande che la nostra guida ci faceva. Proprio questo e’ il modo di procedere dello storico.
La vita nel campo doveva rispettare regole molto rigide, mi ha colpito la lettura dell’episodio dell’uccisione di un giovane prigioniero, solo perché era uscito dalla sua baracca appena dopo l’orario per recuperare la camicia che aveva steso al sole ad asciugare.
Nel pomeriggio, e’ iniziata la seconda parte del laboratorio: una signora anziana che era stata testimone del rastrellamento dei tedeschi nel 1944 in queste zone, ci ha cantato una canzone popolare in cui sono narrate i fatti avvenuti durante questo rastrellamento. Tutte quelle crudeli uccisioni di ragazzi molto giovani mi hanno colpito. La memoria storica è molto complessa, bisogna conoscere, ricostruire, esaminare, capire, tramandare anche gli episodi più vicini alla nostra realtà.