da New York, Simone Russo*-
“Oggi mi trovo a New York, dove tutto ebbe inizio. Ero partito a dicembre, ormai quasi due anni fa, durante il mio ultimo anno di scuola superiore. Partii soltanto con uno zaino in spalla ed una piccola valigia con dentro un paio di vestiti stropicciati, ma piena di sogni e speranze. Partii senza molte aspettative, senza piani ben precisi, ero solo, senza conoscere bene la lingua, catapultato in una realtà completamente diversa da quella che era la mia vita. Il mio unico obiettivo era vedere cosa si nascondesse dietro queste famosissime “colonne D’Ercole.“ Volevo sapere cosa c’era ad aspettarmi dopo gli esami di maturità, cosa la vita aveva da offrirmi, mi aspettavo qualcosa, non sapevo di preciso cosa, ma ad essere sincero PRETENDEVO qualcosa. Sin da piccolo sono sempre stato una persona molto determinata, quindi senza molti problemi feci un po’ come Cristoforo Colombo, solo che a sua differenza, io presi un aereo, e sapevo che sarei “approdato” in America.Ormai sono quasi due anni che vivo negli Stati Uniti D’America, lontano da casa, parenti e amici e se stai leggendo questo articolo e non mi conosci, forse non ti sembrerà cosi strano da sentire, ma per chi invece mi conosce, sarà sorpreso nel sentirmi dire che la mia “Itaca”mi manca e non per via della famiglia o degli amici, ma per cose più banali come i suoni, gli odori, il calore che solo un Italiano sa dare e può capire, per non parlare dell’arte e della storia che ci circondano costantemente, ma siamo così ingenui, così avidi, che tutti noi non riusciamo più ad apprezzare.
Non fraintendetemi, non lascerei mai gli, USA, l’Italia credo che non abbia mai fatto per me, mi sentivo un po’ come l’Albatro di Baudelaire, inadatto, prigioniero di una società che non mi apparteneva, ma con una grande differenza: io ho scelto di volar via, di non rinunciare ai miei sogni e non col finire di rimanere, zoppicando Mi piace vivere qui, è un Paese che offre molto, ma che allo stesso tempo esige molto. In molti mi chiedono cosa l’America ha da offrire, e io, se prima rispondevo a tutte queste domande, ora mi limito a rispondere alla domanda con un’ altra domanda, “e tu, tu cosa hai da offrire?”, perché questa è la domanda a cui tutti noi dovremo rispondere. Una cosa che ho imparato vivendo qui, che sia l’America, l’Italia o un altro Stato, la cosa che alla fine conta è cosa noi abbiamo da offrire, cosa realmente siamo disposti a fare per inseguire i nostri obiettivi, quanti sacrifici dovremo fare.
Troppi no incontrerete sulla vostra strada, ma se ci arrendessimo al primo è finita, dobbiamo analizzare il no, capire il no, fare meglio, volere di meglio. Perché, a mie spese, ho capito che a volte un no giusto, è meglio di un si sbagliato. Non è forse questa la vera maturità?…. o meglio, la maturità 2.0,la prima è quella che affronterete a scuola, e vorrei dare un consiglio a tutti i ragazzi che affronteranno l’esame di maturità ora o in futuro, vi consiglio di dare il massimo, cercate solo di dare il massimo di voi, se poi prendete un 60 un 70 un 80 o 90 o quello che sia, poco importa, ho sempre creduto che non è un voto che può definirci, non può dirvi quanto realmente valete, ma questo tipo di maturità lo si affronta una volta sola, quindi perché non dare il meglio di sé, tornassi indietro, io lo farei!
Passo e chiudo… da oltre oceano”.
* Ringraziamo Simone Russo, ex studente, per questa mail dedicata a tutti gli studenti attuali. E’ per l’Alberghiero un piacere ricevere notizie da tutti gli studenti e, soprattutto, vedere come, accanto a conoscenze e competenze, “alimentiamo” sogni, sogni che si concretizzano in riflessioni e in esperienze reali!(E.V.A.)