Invito alla lettura: Seppellite Il Mio Cuore a Wounded Knee.

Recensione a cura di Riccardo Pergola, classe III A Ricevimento.

 Il tempo è un fattore che molto spesso ( con il passare degli anni) ci sfugge di mano. Come diceva sempre mio nonno: “Il mio tempo è passato cosi velocemente che è come se nella vita non avessi fatto niente, ho ancora voglia di fare, di vivere, di sapere”. Beh! Sono contento di poter dire che, nel breve tempo che ho vissuto da ragazzo, ho avuto il piacere di leggere un libro che ha cambiato profondamente la mia visione del mondo e della civiltà umana: “ Seppellite il Mio cuore a Wounded Knee” di Dee Brown. Questo libro, dal mio punto di vista, non ha tempo: non è stato tanto importante per le generazioni passate quanto lo sarà per quelle future, soprattutto perché più andiamo avanti e più aumentano i videogames e i social network, che fanno diventare noi ragazzi sempre più “cattivi lettori”. La cosa che mi sconvolge e che mi stupisce più di tutte è che purtroppo la storia studiata a scuola non tocca, neanche sfiora, il tema principale di questo libro: la guerra americana degli Stati Uniti contro i nativi americani ( gli “Indiani d’America”), avendo presente che questa guerra è stata fondamentale per lo sviluppo del pianeta, delle nazioni e della società odierna. È importante che tutti, almeno una volta, leggano questo libro per capire a fondo cosa c’è dietro al progresso tecnologico – culturale del terzo Millennio. -Conoscere il passato per illuminare il futuro: I libri di storia, che con fatica sfogliamo e sfogliamo, soffermandoci sulle date che non vogliono entrarci in testa, che riportano fatti avvenuti nel passato per costruire una cultura dentro al nostro cervello, trattano superficialmente o addirittura non affrontano uno dei più importanti avvenimenti della storia: il trentennio (1860-1890) della soluzione finale degli USA per il “problema indiano”.Ci ha pensato, per fortuna, lo storico Dee Brown nel 1970 a riportare con assoluta precisione tutte le vicende accadute in quel periodo nel far West. L’autore parte dal lungo racconto del viaggio intrapreso dalla tribù indiana dei Navajos (che controllava un vastissimo territorio nel sud ovest degli odierni USA e gran parte dell’Arizona, costretti a spostarsi frequentemente per l’avanzare dell’uomo bianco che , tra contrattazioni, promesse non mantenute e atti poco pacifici, già aveva conquistato ampie terre indiane) fino alla sanguinosa fine della guerra con lo sterminio di 300 Sioux disarmati a Wounded Knee, una località che corrisponde all’odierno South Dakota. Quei 300 Sioux ( uomini, donne e bambini) inermi, arresi, ormai spacciati si misero a danzare la “Ghost Dance” ( Danza degli spiriti) accompagnati, poco dopo, dal rumore assordante dei cannoni fumanti, e poi… il silenzio. Si concluse così l’epoca dei “pelle rossa” nell’America Settentrionale, e ne iniziò un’altra, un’epopea ad esclusivo beneficio dell’uomo bianco. Intanto in questo periodo nascono tutti i miti del West: Toro Seduto (Sioux), Cavallo Pazzo (Sioux), Nuvola Rossa (Sioux), Cochise (Apache), Geronimo (Apache)… Tutto ciò nel libro è riportato in un modo talmente dettagliato che diventa quasi “asfissiante”, ma che riesce ugualmente a colpirci nel profondo: se ogni tanto, mentre state leggendo, i vostri occhi luccicheranno e una o due lacrime bagneranno le vostre gote, non vi preoccupate.. è normale, è successo anche a me. Le vicende sono narrate non dalla parte degli Indiani o dei conquistatori , ma da un narratore esterno estraneo ai fatti. Il risultato è una delle migliori testimonianze degli avvenimenti per i quali è stata sterminata un’ intera popolazione. Purtroppo la società ci manipola, facendoci sapere e studiare solo ciò che decidono loro (ricconi ai piani alti della società) ignorando la storia di un continente perseguitato, a cominciare da molto prima degli indiani; mi riferisco ai conquistadores… ma quella è un’altra storia…

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