Gli odori del Salone del Gusto di Torino

L’approccio al Salone Internazionale del Gusto di Torino, promosso da Slow Food, il 22- 23 ottobre con le classi quarte e quinte Ristorazione è stato davvero slow (9 ore di viaggio, soste comprese).

“Difficile da raccontare, facile da vivere” (citando Licia Granello, La Repubblica , 19 ottobre 2008).

Credo che la prima impressione di un luogo, quella che si conserva a lungo nella memoria, sia olfattiva (anche quella della nostra scuola era un buon odore di cucina). Il primo odore del Salone è del pesce essiccato di Soroya (Norvegia); si prosegue con i “formaggi da bocca” del Sud Ovest della Francia, per lasciarsi poi trasportare in un vortice entusiasmante di assaggi di cibi offerti con squisita cortesia. Ci sono il miele bianco dell’Etiopia, le uvette della valle di Herat in Afghanistan, i datteri dell’oasi egiziana di Siwa, il riso rosso brasiliano, i prosciutti di pecora, vini provenienti da tutto il pianeta, compresi quelli del ghiaccio italiani. Ci sono oltre 1500 comunità del cibo di 150 nazioni, 133 laboratori del gusto, circa 20 appuntamenti a tavola con i migliori cuochi italiani, 400 bancarelle di piccoli produttori di ortaggi e spezie, e le pentole: dalle più tradizionali, a quelle ricavate dalla pietra ollare, le pescatrici del Senegal ma anche i prodotti del Principe Carlo d’Inghilterra, il quale, sempre molto sensibile a questi temi, ha affermato:”L’agricoltura è, non solo la più antica, ma anche la più importante attività umana. È la base della cultura e della civiltà stessa”.

Non manca la musica, anch’essa da salvaguardare, da trenta paesi. L’ambiente è vitale e vivace anche se il tema è serissimo. Come sostiene Carlo Petrini (presidente Slow Food, da lui fondata nel 1986), la moltitudine di persone che partecipa a Terra Madre (comunità del cibo presente a Torino), in grandissima maggioranza contadini, pescatori, nomadi raccoglitori e piccoli artigiani, rappresenta quella porzione di umanità che continua a mantenere al centro della propria esistenza il cibo. Questa centralità è ciò che invece il resto della comunità mondiale sembra essersi dimenticata: quindi è ciò che dobbiamo cercare di riportare con urgenza nelle nostre vite.

Lo spazio è gioioso, godibile, la fame sembra lontana anche se lo scorso anno 100 milioni di persone sono entrate nel girone degli affamati.

Il salone non offre solo cibo ma anche spazi educativi attraverso progetti (presìdi) come i sani comandamenti presentati con materiale riciclabile e grafica moderna. Bevi l’acqua del rubinetto. Riduci il tuo consumo di carne. Scegli frutta e verdura di stagione. Succo d’arancia? Meglio una spremuta. Non buttate il pane vecchio. Il diavolo dello spreco dimentica i coperchi. Scegli prodotti sfusi e il contenitore lo riusi. Meglio appena cucinato. Fai da te risparmi per tre. Mangia almeno un alimento crudo a ogni pasto. Usa borse di tela per fare la spesa. Avanti con gli avanzi.

La calorosa stretta di mano al sorridente Carlo Petrini mi fa pensare ad una Italia ancora “sana”.

Prof.ssa Dina Salari

Il salone del gusto

Nella foto: Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e Luca Zaia, ministro delle politiche agricole, con i proff. Dina Salari (al centro), Roberta Testaguzza, Luca Landolfo e Marco Marinucci

 

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