a colloquio con Claudia Biribao.
” Gli amanti del nulla” (2013) è la traduzione di Claudia Biribao del romanzo francese ” Les amants du n’importe quoi” di Florian Zeller, scrittore, drammaturgo, regista conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.
La lettura del romanzo è un modo per riflettere sul rapporto uomo/donna, proprio in vista della Giornata Internazionale della Donna e, Claudia stessa, docente presso il “G.de Carolis”, ci guida alla scoperta del libro.
Qual è il tema centrale?
“ Gli amanti del nulla” è una rappresentazione della complessità dei sentimenti umani e dei tormenti che li accompagnano. Accanto alla paura della perdita, di morire senza essere amati, troviamo una forte incapacità di amare e di amarsi. Da un lato, c’è infatti Amélie, che ha bisogno di sentirsi amata e non vuole rinunciare a Tristan, nonostante sia a conoscenza dei suoi tradimenti, dall’altro lato troviamo il suo compagno Tristan, che avverte dentro di sé un grande vuoto che non sa colmare, a cui si accompagna quello che lui stesso definisce “ un appetito feroce di distruzione”. Sente, infatti, di non sapere costruire niente, ma di distruggere, distruggere continuamente. E’ incapace di scegliere, di definire un oggetto del suo desiderio, vorrebbe avere tutto finendo per non avere niente.
A poco a poco la loro storia evolve nel nulla, nell’impossibilità di amare qualcosa.
Claudia, come e quando hai incontrato il testo?
Ho incontrato questo libro durante il mio Erasmus in Francia, a Dijon, dove ho trascorso il terzo anno degli studi di Filosofia.
Durante una fiera di libri, ho notato “ Les amants du n’importe quoi” ed ho cominciato a leggerlo. Ne sono rimasta affascinata per la storia e per lo stile dell’autore. Così ne ho acquistato una copia che ho letto in pochissimi giorni. Finiti gli studi universitari, ho constatato che non c’era ancora una versione italiana dell’opera, così ho cominciato a tradurla. E’ stato un lavoro molto lungo e complesso. Rileggendo, anzi studiando, il testo ne ho apprezzato ancora di più la sua complessità, il taglio profondamente psicologico che viene dato ai protagonisti, che diventano sempre più personaggi reali.
L’animo viene, infatti, indagato nei suoi tormenti più inconfessabili, più nascosti. In questo modo i personaggi vengono come messi a nudo davanti ad uno specchio che li riflette.
Quali scelte hai effettuato, per la traduzione?
Lo stile dello scrittore si adatta a questa mutevolezza diventando anche esso mutevole; si va infatti, da frasi molto lunghe e scritte con un linguaggio aulico, a frasi molto brevi ed essenziali, dal linguaggio più familiare. La mia traduzione rispecchia lo stile dell’autore; ho cercato di essere il più fedele possibile al testo originario non adattandolo al mio gusto personale e tentando di rendere le frasi il più possibile scorrevoli nella nostra lingua italiana. Il ritmo del testo è scandito spesso dal flusso di coscienza dei personaggi e può risultare a tratti difficile da seguire; tuttavia, guidata dal criterio della massima fedeltà al testo originario, ho deciso di non modificarlo.
Nella speranza che il complesso San Paolo possa ospitare presto la presentazione, seguendo il consiglio di Claudia Biribao, vi offriamo un “assaggio” del libro, attraverso una metafora:
In geometria, “una sfera” è una superficie in cui tutti i punti sono ad uguale distanza del centro. Tristran è prigioniero in una sfera poiché tutti gli oggetti fonte di desiderio che lo circondano si trovano ad uguale distanza dal suo io. Non riesce a capire quello che preferisce. Questa sfera è la figura dell’immaturità moderna.