Laboratori di Spoleto Tipica:gli strangozzi

Davanti ad una classe numerosa ma disciplinata di oltre 30 scolari, maschi e femmine, bambini, adulti e anche della terza età, la maestra unica Giuliana ha tenuto la lezione di Strangozzi spoletini per il primo dei laboratori di Spoleto Tipica. Sui banchi acqua farina e matterello e nell’aula, il salone delle feste del piano nobile di palazzo Leti-Sansi, gli alunni a impastare, stendere, tagliare e poi a cuocere e mangiare, annaffiando gli strangozzi, le bruschette e i salumi con un buon bicchiere di Trebbiano spoletino, nell’aperitivo preparato dai ragazzi della nostra scuola.

La lezione pratica è stata preceduta da quella di storia degli strangozzi, tutta affidata alle fonti orali, come ha ricordato lo storico spoletino Giuseppe Guerrini, di cui qui pubblichiamo una sintesi della ricerca.

E dopo la ricerca e il disciplinare agli strangozzi spoletini manca solo un logo, ma -come ha detto il prof. Baronti- si sta pensando anche a quello, magari con un concorso di idee.

STRANGOZZI

Gli strangozzi, formato di pasta lunga, a sezione quadrata o rettangolare, sono un tipico primo piatto dove gli ingredienti fanno trasparire la loro origine umile e antica. Appartengono al folto gruppo delle paste di tradizione contadina.

L’etimologia del nome deriverebbe da “Stringhe”. Infatti durante il dominio dello Stato Pontificio, in Umbria gli anticlericali si appostavano in punti strategici per aspettare il passaggio di qualche prete. Al loro arrivo i malavitosi si toglievano le stringhe delle calzature (da qui il nome di stringozzo, strongozzo, e successivamente, di strangozzo) e con esse li assalivano e li strangolavano. Quindi il nome sarebbe il risultato di una fusione tra le parole “stringa” e “strangolare”.

 La base: un impasto di farina di grano tenero, un tempo integrale (tritello e semola), acqua e  a volte sale (intervista ad Argentina, anni 88 di Castel San Giovanni di Castelritaldi). La mancanza del sale in alcuni prodotti come il pane e la pasta risale al tempo del dominio papale in Umbria (Guerra del Sale a Perugia, 1540), allorché il Papa per incamerare più tributi per le guerre in corso, decise di mettere una tassa sul sale. Gli umbri, non disposti a subìre imposizioni che non ritenevano giuste, presero la decisione di non usare più il sale.

Gli ingredienti vengono lavorati a mano su spianatoia di legno, una larga tavola senza nodi, avvallamenti o rigature. Le uova non venivano usate perché erano merce di scambio, fatta eccezione per il Natale, S.Antonio abate, la Pasqua, S.Giuseppe, la mietitura (intervista a Giuseppa, anni 82 di Castel San Giovanni di Castelritaldi).

Le donne più abili nella preparazione della pasta si vantavano di poter portare l’impasto alla giusta consistenza con la sola propria personale capacità, con le mani e con le movenze di tutto il corpo coinvolto in movimenti ritmici nella lavorazione della pasta (intervista a Ida, anni 72 di Castel San Giovanni di Castelritaldi). L’impasto, secondo un vecchio detto spoletino, doveva essere preparato a “culu mossu”, che tradotto letteralmente significa muovendo in continuazione i fianchi. Ottenuta la sfoglia, tirata con un rasagnolo di legno detto anche matterello, questa dovrà essere tagliata a strisce di 2 millimetri di larghezza e 20-30 cm di lunghezza. Le strisce, secondo un altro antico detto spoletino, devono essere “nerte de pasta e fine de cortello”.

Questo tipo di pasta che si trova nella cucina spoletina denota uno stato di povertà. Secondo la testimonianza di Remo Coppini, gli stringozzi un tempo venivano realizzati con un procedimento più laborioso: “Dopo aver fatto riposare l’impasto, tirare col matterello una sfoglia non troppo sottile che taglierete a mo’ di fettuccine corte e larghe, che dovrete attorcigliare con le palme delle mani infarinate con l’apposito ferro, o attorno a grossi ferri da maglia, ricavandone gli stringozzi o ceriole”.

A caratterizzare gli strangozzi sono i condimenti, sempre semplici, essenziali, un tempo a base rigorosamente vegetale, se si toglie il grasso di cottura, che a volte era il lardo. Lo strangozzo, fatto con sola farina, esaltava ed esalta il sapore delle salse e dei loro ingredienti: l’olio spoletino in primo luogo, caratterizzato dal sapore delicato, tenue, fruttato e dal sapore fresco, netto, gentile, uniforme, che dà al palato una sensazione di morbidezza; i prodotti del bosco, come gli asparagi selvatici, i funghi, il tartufo, ingredienti della cucina ricca e perciò abbinato alle paste povere solo in particolari occasioni di festa; il pomodoro fresco.

Giuseppe Guerrini

RICETTE

Strangozzi con il tartufo. In passato gli strangozzi con il tartufo venivano preparati durante le feste di Natale e per il Carnevale. Recentemente questo piatto ha avuto grande fortuna e, nonostante il costo del tartufo, viene preparato tutto l’anno in occasione di feste e ricorrenze. Il preziosissimo fungo sotterraneo presente nei boschi intorno a Spoleto ha un colore nero bronzeo e lo si cerca con dei cani bene addestrati. A Spoleto ci sono due varietà: quello estivo e quello invernale, più pregiato, che si può trovare da novembre a marzo. La grandezza varia: da quella di una noce a quella di una mela. Ha la scorza rugosa e dura. Il suo aroma è inconfondibile, persistente, unico.

Ingredienti. Strangozzi, tartufo nero, olio, aglio, sale e pepe. Preparazione. Il tartufo viene lavato bene con acqua tiepida, spazzolato, asciugato e grattugiato. In una pentola, preferibilmente di coccio, si fanno soffriggere, in abbondante olio di oliva, uno o due spicchi di aglio che si tolgono quando sono appena dorati. A fuoco spento si aggiunge all’olio bollente il tartufo, il sale e un pizzico di pepe. Prima di essere conditi devono essere bene scolati.

Strangozzi con gli asparagi. Gli asparagi selvatici (Asparagus tennifolius) crescono spontaneamente nelle vicinanze dei boschi, tra gli ulivi e nei luoghi incolti di collina e vengono raccolti in primavera. Spesso, un tempo, chi li raccoglieva li vendeva agli erbivendoli in città. Capitava dunque che, chi raccoglieva asparagi, li vendeva quasi tutti e ne teneva pochi per l’uso di casa: in questo caso utilizzava le poche punte per il sugo e faceva bollire i gambi legnosi nell’acqua di cottura della pasta, per rafforzare il sapore.

Ingredienti. Strangozzi, asparagi, aglio, prezzemolo, pomodori maturi, olio, sale, pepe. Preparazione. Il prezzemolo e l’aglio, tritati finemente, vengono messi sul fuoco, in abbondante olio, fino ad una leggera doratura; si aggiungono quindi gli asparagi precedentemente lavati e tagliati in piccoli pezzi. Il tutto va portao a cottura fino a completa evaporazione dell’acqua prodotta dagli asparagi. Si aggiugono quindi pomodoro, sale e pepe, lasciando sobbollire a fuoco basso per circa un’ora. Il sugo così ottenuto si versa sugli strangozzi ben scolati e lasciati a riposare per pochi minuti prima di essere serviti. Al sugo si può aggiungere peperoncino. Quando gli asparagi disponibili erano pochi, venivano utilizzate anche le loro parti dure, legandole in mazzetti e mettendole a bollire nel sugo o nell’acqua di cottura della pasta.

Strangozzi con i sanguinosi. I sanguinosi sono funghi (Lactarius deliciosus) che crescono in autunno nelle pinete e soprattutto nelle abetaie ed, in alta montagna, anche in luglio. Devono il loro nome dialettale al liquido rosso che emettono quando vengono tagliati. I sanguinosi sono consumati nel comprensorio spoletino e in poche altre zone dell’Umbria, perché altrove sono spesso erroneamente considerati velenosi.

Ingredienti. Strangozzi, sanguinosi, pomodoro, aglio, olio, sale e pepe. Preparazione. I funghi, puliti, lavati e tagliati a strisce non troppo sottili, vengono leggermente soffritti in olio con uno spicchio di aglio. Si aggiunge quindi il pomodoro, il sale e il pepe. Il sugo viene fatto bollire lentamente per circa mezz’ora, poi versato bollente sulla pasta ben scolata.

(Tutte le ricette sono di Giuseppe Guerrini)

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