Non potevamo, a conclusione della mostra di Giovanni Martoglio, non offrire qui ai lettori delle news, se non la degustazione del parrozzo, almeno la scheda informativa e, soprattutto, la ricetta, di questo dolce tipico di Pescara, creato nel 1919 da Luigi D’Amico. Scheda e ricetta sono il frutto di una ricerca effettuata dal prof. Claudio Cesarò e dalla sua classe, il terzo cucina A.
Il parrozzo è l’antico “pan rozzo” dei contadini che il pasticcere abruzzese Luigi D’Amico confezionava abilmente usando i prodotti genuini della sua regione- il latte odorante di timo, il burro della Val di Sangro, le mandorle dell’Aquila e uova freschissime- e rivestendo l’impasto di uno strato fine di cioccolato. Notoriamente goloso di dolci e gelati, D’Annunzio è padrino ufficiale di questo dolce, al quale dedicò più di una composizione in versi, rime scherzose, come tutte quelle da lui scritte in dialetto, venate sempre da un filo di nostalgia per la sua terra, per la sua splendida infanzia e la sua avventurosa giovinezza.
Ingredienti (4 porzioni): farina 00 40 g, uova n. 3, fecola di patate 40 g, farina di mais 10 g, zucchero 80 g, burro 50 g, mandorle pelate 30 g, cioccolato fondente 90 g.
Procedimento: tritare le mandorle sgusciate nel mixer con un paio di cucchiai di zucchero, fino ad ottenere un composto farinoso. A parte sciogliere il burro a bagno- maria (meno il quantitativo occorrente per imburrare la tortiera) e lasciarlo raffreddare. Montare i tuorli d’uovo con lo zucchero, come per un normale zabaione, aggiungere gradatamente le farine, compresa quella di mandorle e alla fine il burro fuso chiarificato. Mescolare con cura e incorporare delicatamente gli albumi montati a neve ferma. Versare il composto nella tortiera opportunamente imburrata e infarinata e fare cuocere in forno preriscaldato a 180° C per 40 minuti circa. Sfornare il parrozzo e farlo raffreddare; nel frattempo sciogliere il cioccolato fondente a bagno- maria, quindi versarlo, attraverso un colino cinese, sul dolce facendo in modo che lo ricopra completamente. Fare rapprendere in frigorifero per un paio di ore prima di servire.